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Tim burton

Giovanni Bogani

18 Luglio 2023

Tim Burton e il suo legame speciale con Roma

La nostra intervista al grande regista che non smette di stupire

Tim Burton, uno dei geni del cinema contemporaneo. Regista, scrittore, autore di film dalle ambientazioni fiabesche e gotiche. Il più giovane regista ad aver ricevuto il Leone d’oro alla carriera a Venezia e uno dei registi di maggiore successo commerciale della storia del cinema. Ma lui, regista cult, non se ne cura troppo. Vive nel suo paese, nel suo paese gotico delle meraviglie: quello che si è costruito nella mente.

E intanto, però, ha incontrato - nel mondo reale - una delle donne più belle del mondo, Monica Bellucci. E i due si sono innamorati. In una intervista con Elle France, l’attrice italiana ha confermato di vivere una storia d’amore con il regista. “Sono felice di averlo incontrato. È uno di quegli incontri che raramente accadono nella vita”, ha detto. Monica Bellucci è anche protagonista del film di Burton Beetlejuice 2, il sequel del suo film del 1988, le cui riprese si stanno svolgendo a Londra.

L’Italia è nel destino di Burton. Prima del Tim Burton Tribute dello scorso febbraio - serata musicale con una performance al pianoforte di Nicolas Horvath, fra le note delle colonne sonore dei suoi film - Roma lo aveva celebrato due anni fa consegnandogli il Premio alla carriera della Festa del cinema. Nell’occasione, il regista è arrivato insieme ai suoi due figli, Billy Ray e Nell. Tutti, ovviamente, in nero, tranne il bianchissimo e adorato cagnolino Levy. In quella occasione, si è concesso alla curiosità dei giornalisti.

Signor Burton, che cosa la lega a Roma?

Roma è nel mio cuore da sempre. Ho sempre amato i grandi registi italiani, da Federico Fellini a Lamberto Bava, a Dario Argento. Quando passeggio per la città mi sembra di vivere in un sogno, mi sento come uno dei protagonisti dei miei film.

All’inizio di un film c’è sempre la scelta della storia, del progetto, c’è sempre l’idea. Lei come sceglie i suoi film?

Non c’è mai una scelta razionale, un calcolo. Sono sempre scelte istintive. Scelgo solo i progetti che mi fanno provare passione, entusiasmo.

Una scena del film La fabbrica di cioccolato

A quali dei suoi personaggi sente di assomigliare maggiormente?

Direi Ed Wood ed Edward di Edward mani di forbice

Edward è un ‘diverso’ dagli altri. E in fondo molti altri suoi personaggi lo sono. Quali sono i suoi pensieri riguardo alla inclusività, al rispetto dell’altro?

Io ho sempre scelto il punto di vista dei più deboli, mi sono sempre battuto per loro. Sarà perché mi sono sempre considerato diverso dagli altri. Mi sono sempre sentito un outsider, e mi sono sempre sentito vicino a tutti coloro che per razza, età o genere si sentono emarginati.

Secondo lei c’è ancora spazio per la fantasia nel mondo del cinema di oggi?

Sì, credo che ci sia sempre. È vero che la verità spesso supera la fantasia, ma la cosa straordinaria del cinema è proprio la sua grande capacità di inventare realtà parallele, mondi che non esistono, e renderli vivi e veri.

I suoi film toccano molte paure, profonde e contingenti. Lei di che cosa ha paura?

Mi fa paura parlare in pubblico, mi fa paura un palco, prima di parlare in pubblico non dormo. Però non mi fa paura seguire la mia passione e la mia fantasia. Non ho mai avuto paura di fallire. Per fare qualcosa di diverso, qualcosa di speciale, ci vuole sempre del coraggio.

Che cosa cerca nei suoi attori?

Cerco attori che sappiano mettersi in gioco, che sappiano rischiare. Michelle Pfeiffer in Batman, nel ruolo di Catwoman, balla sui tetti, si circonda di gatti, accetta persino di mettersi un uccellino vivo in bocca. Mi piacciono attori che non stanno a contemplarsi, ma accettano di fare parte del gioco, di essere lo strumento di un processo creativo più grande.

Come vive l’ispirazione? Da dove nascono i suoi personaggi?

Per me sognare ad occhi aperti è un’espressione reale, concreta e abituale. Mi accade spesso. Passo molto tempo a guardare le cose, e scopro ogni volta degli aspetti diversi del reale.

Il suo ultimo film, ad oggi, rimane Dumbo, film di animazione per Disney.

Sì, sono già passati degli anni. Dopo aver girato questo film, ho avuto un esaurimento nervoso, e ho capito che questo film era in un certo senso una autobiografia: ero io che mi sentivo come Dumbo, l’elefante ero io nella mia storia con Disney. Forse anche per questo, dopo averlo realizzato, mi sono fermato.

Che cosa pensa della decisione di rifare in live action i grandi classici del cartone animato?

Sono responsabile anche io di alcuni di questi remake, ma non sono più un grande fan di queste operazioni, e non ho più voglia di farne.

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