Le ricette immortali di Sora Lella
Un nuovo libro racconta la storia e le ricette della leggendaria cuoca romana
Elena Fabrizi, alias Sora Lella, è uno dei personaggi più amati del cinema italiano. Ma lei, sorella del grande attore Aldo Fabrizi, più che attrice fu cuoca e ristoratrice, tanto da rendere celeberrima l’omonima trattoria sull’Isola Tiberina nel cuore di Roma, che oggi è gestita dai suoi quattro nipoti: Renato, Mauro, Simone ed Elena.
Proprio da loro, con l’aiuto di Francesca Romana Barberini, nasce il primo libro sulle ricette immortali della Sora Lella. Annamo bene. La cucina romana di Sora Lella, edito da Giunti ripercorre la storia della leggendaria trattoria che si intreccia a quella della famiglia e soprattutto della Sora Lella, una vera e propria ‘nonna nazionale’ come l’ha fissata nell’immaginario collettivo Carlo Verdone (che in questo libro firma la prefazione)attraverso due sue indimenticabilipellicole Bianco Rosso e Verdone e Acqua e Sapone. Francesca Romana Barberini insieme ai racconti dei nipoti e alla storia narrata da Aldo Trabalza – il loro padre, figlio della Sora Lella e storico chef e gelataio della trattoria - nel suo libro Il mio amico albero di fico, riporta anche le ricette che tutt’ora continuano a fare la fortuna del ristorante.
Ripercorriamo allora la figura della mitica Sora Lella con un estratto del libro, e per le ricette, - divise in capitoli e associate a cinque prodotti tipici della cucina capitolina (l’abbacchio, il carciofo, il quinto-quarto, il pecorino romano e il guanciale) - vi rimandiamo alla fonte. “Elena nasce a Roma il 17 giugno del 1915. Il padre Giuseppe Fabbrizzi (una volta il cognome era con due B e due Z) era un carrettiere, con tanto di carretto e cavallo. […] La madre, Angela Petrucci, aveva lei un banco a Campo de’ Fiori. Mamma era l’ultima di sei figli, un maschio, il più grande e cinque femmine. Tra mio zio Aldo e mia madre c’erano dieci anni di differenza. Quella della Sora Lella è un’infanzia povera e per niente facile: rimane orfana a due anni, quando il padre, dopo una caduta in un fosso durante un trasporto, si ammala di polmonite e muore in pochi giorni. [...] Il fratello Aldo lascia la scuola per aiutare la madre e prendersi cura delle sorelle, soprattutto della più piccola, diventandone così un padre putativo. […] Poi arriveranno gli anni ’40 in cui Aldo Fabrizi diventa uno dei più grandi attori italiani, e potrà prendersi cura della madre e della sorella che da poco avrà iniziato insieme al marito Renato la sua attività di ristorazione, tenendole sempre lontane dall’ambiente dello spettacolo, o cercando di farlo in tutti i modi; soprattutto Lella, affascinata da quel mondo e che vorrebbe fare disperatamente l’attrice, e che pur ottenendo diversi ruoli nei film del fratello, alla fine però rimane nella cucina della Trattoria. […] I miei genitori iniziarono l’attività di ristoratori nel 1940. Mio padre Renato era facchino della “cooperativa trasporto carni” del Comune di Roma […].
Mia madre […] cucinava molto bene tutte le cose che mio padre rimediava al lavoro. Tutti i facchini allora “rimediavano” ritagli di carne, coratella, animelle, pajata, coda e così via. […] Il locale andava bene, anche se eravamo in piena guerra, venivano tanti clienti, tra cui tanti amici di mio padre, i quali erano cresciuti insieme; erano tutti Trasteverini (abitanti del quartiere Trastevere). Della prima trattoria non ci sono molte tracce, viene chiusa nel 1946 quando le cose iniziano ad andare male tra Elena e Renato, […] finché si riappacificano e […] nel 1959 rilevano la Trattoria dell’Isola, all’Isola Tiberina. […] Il nome fu scelto da me: la “Trattoria Sora Lella”. […] Il locale continua a non andare bene, l’Isola Tiberina è un luogo per nulla frequentato dai romani e pochissimo anche dai turisti. […] Renato e Elena […] tengono duro e vanno avanti, […] una sera entrarono quattro signori mostrando un po’ di curiosità. […] Mia madre si avvicinò al tavolo, salutò i signori e disse loro che aveva preparato un sugo con carne macinata, funghi porcini secchi e qualche rigaglia di pollo.
Uno di loro era il professor Giorgio Bini, professore di Ittiologia, giornalista, nonché gastronomo e gourmet sopraffino. […] Il professore disse che se quella era la nostra cucina, non avremmo avuto problemi ancora per molto. Infatti cominciò a mandarci un sacco di gente e la gente, dopo che aveva mangiato da noi, ci mandava altra gente. Si incominciava a vedere qualcosa. Una sera capitò, insieme a un gruppo, un giornalista del settimanale “Oggi”. Dopo aver mangiato, chiamò mia madre e le disse che voleva fare un articolo sulla rivista, dedicato alla trattoria e a lei. Dopo un paio di giorni venne il fotografo che scattò una bella foto a mia madre davanti alla lavagna che ancora abbiamo in sala, con i piatti del giorno scritti con il gesso. Uscì l’articolo, fu un successo, tant’è che un paio di sere andammo nel pallone: non ce la facevamo a servire tanta gente, tutta insieme!”.
La vera grande protagonista di questa storia, dunque è lei, la Sora Lella e, come dice Carlo Verdone nella prefazione: “Le vorremo sempre bene per averci mostrato la vera umanità e la grande dignità di una semplice donna del popolo il cui volto è stato e sarà sempre una delle espressioni più autentiche di quella Roma dei tempi migliori”.