High flight
La moda democratica dell’uomo più ammirato del mondo
Quando Giorgio Armani parla, il mondo ascolta. Pochi hanno influenzato la moda come lui fa da ben quarantaquattro anni, sin da quando iniziò con la collezione Giorgio Armani nel 1975. Inutile ricordare che la celebrità arrivò con i tailleur, con le giacche, capo iconico dell’universo Armani (quella di Richard Gere in American Gigolo gli aprì le porte di Hollywood e il cuore dell’America), e per aver intuito che le donne di quegli anni erano impazienti di far carriera senza assomigliare agli uomini. Presto le sue sfilate saranno le più attese. La lungimiranza, le intuizioni, quella capacità di cogliere un sentimento, un’impressione fra mille che si affollano nel quotidiano, non ha sosta. Precocissima, rispetto al diffondersi delle seconde linee delle grandi maison, nel 1981 nasce Emporio Armani.
Sarà il pubblico, potenzialmente molto vasto dei giovani e non lo stesso del prêt-à-porter, il consumatore, purché la proposta avesse un prezzo accessibile senza nulla togliere alla sua attrattiva. Perché Emporio? Perché già da sé rimanda a un luogo di incontro, un concetto di moda democratica dove si possono trovare capi e accessori, dove ci si può vestire dalla testa ai piedi; un contenitore di abbigliamento a un prezzo giusto in grande anticipo sui tempi. All’epoca le collezioni proponevano molto denim e nessuno stilista di quei tempi aveva mai pensato a usare un tessuto così proletario. Un aquilotto come simbolo, che “nasce per caso disegnato al telefono su un foglio bianco.” Senza troppo pensare, quello schizzo riflette lo stato d’animo di quel preciso momento, e con il tempo avrebbe avuto il significato di irraggiungibilità, di potenza e libertà per più generazioni.
“Furono in molti a sorprendersi allora e a sconsigliarmi di tentare l’impresa, racconta Giorgio Armani, perché temevano che il marchio ne avrebbe risentito, ma per fortuna si sbagliavano”. La strategia di comunicazione fu altrettanto dirompente. Gigantesche affissioni, mai osate prima, diventarono parte del paesaggio della Milano di quegli anni, era il 1984. Come graffiti riempivano il muro di via Broletto; si rivolgevano al grande pubblico e giocavano tutto sulle dimensioni, scegliendo come teatro la metropoli, spazio dove tutto avviene e tutto cambia velocemente. Nel 1989 viene anche edito l’Emporio Armani Magazine, un semestrale di grandi dimensioni, pieno di immagini e ricco di contenuti, che anticipava le forme editoriali di tipo sperimentale oggi assai diffuse. Il carattere di internazionalità e l’espressione di lifestyle Emporio Armani a trecentosessanta gradi, lo rendeva unico nel suo genere tanto da diventare oggetto da collezione. Oggi, nel negozio di Roma in via del Babuino 140, c’è la collezione p/e 2020, ha toni caldi, resi luminosi dalle superfici lucide e brillanti. Le forme hanno un richiamo al mondo dello sport e le silhouette sono morbide, i pantaloni più larghi, le giacche destrutturate usano tessuti molto duttili. #Emporium, è l’ultimo progetto nato: piccoli oggetti che vanno dallo sport alla cancelleria, dal travel al tech, fino agli accessori di uso quotidiano e a quelli dedicati agli animali domestici. #Emporium racchiude lo spirito più dinamico di Emporio Armani, ma è animata da colori forti di pura energia. Numerose le collaborazioni con grandi marchi del settore che ne garantiscono la miglore qualità: per i caschi Momo Design, Bic per le penne, Polaroid per le macchine fotografiche, Wilson per palline da golf e palle da basket, tutto sotto il segno dell’aquila di Emporio Armani.