Massimiliano Fuksas. La mia Roma
Tra ricordi d’infanzia e straordinarie stratificazioni, lo straordinario artista ci racconta la città
Sono nato in una terra di mezzo, alle pendici del Gianicolo vicino a Villa Sciarra, alle porte di quella che stava per diventare la nuova periferia, ma circondato da grandi giardini.
La mia infanzia ha le sfumature del verde della Villa trasformata da Giorgio Wurts ai primi del ‘900. Oggi non è più come la ricordo: anche se nel 2005 sono stati fatti dei lavori di restauro del verde, i tempietti e i gruppi marmorei settecenteschi sono stati smontati e portati chissà dove… Dall’altra parte c’era il Gianicolo, che a noi bambini sembrava lontanissimo ma era invece a due passi da via Garibaldi, dietro alla bellissima Accademia Americana. Da lì raggiungevamo il Vaticano o scendevamo lungo il fiume verso Castel Sant’Angelo.
Passavamo le giornate per strada, ci sembrava di avere la città in mano. Era una città sicura e accogliente, punteggiata di fontane e fontanelle. Il Fontanone, che si trova nel punto in cui via Garibaldi raggiunge la sommità del Gianicolo, poco prima di Porta San Pancrazio è la mostra terminale dell’acquedotto dell’Acqua Paola. Lì, da adolescente, di sera, ho fatto il bagno… Oggi non si potrebbe neanche raccontare ma allora eravamo tollerati! E poi ci sono i nasoni, le fontanelle tanto care a noi romani. Molte sono state chiuse da una amministrazione poco lungimirante, ma non era uno spreco di acqua ma un efficace sistema di mantenimento del sistema fognario. Noi le conoscevamo talmente bene che distinguevamo la provenienza dei vari acquedotti. Roma era una città che non costava, ci regalava veramente tutto: i frutti dagli alberi, acqua freschissima… Soprattutto in estate potevamo stare fuori giornate intere senza aver bisogno di nulla, rinfrescandosi anche con un bagno nel fiume nel tratto alle spalle di Ponte Milvio.
La Roma antica era la città dell’acqua: appena un imperatore veniva nominato costruiva un acquedotto di cui ancora oggi sono rimasti tracce e frammenti. Per capire oggi Roma bisogna innanzitutto capire cosa è cambiato: nel 1870, quando arrivò Vittorio Emanuele II, era una piccola città arroccata nell’ansa del Tevere. Diversa dalla Città Imperiale che il Re immaginava: il Palatino, i Fori, Il Circo Massimo, erano tutti i luoghi dove i Romani portavano il bestiame a pascolare. Una città che nell’Alto Medioevo era arrivata a appena 15.000 abitanti, mentre sotto Augusto ne contava 2 milioni. I piemontesi intervennero cancellando in parte la Roma Medievale, a vantaggio della Roma Barocca: costruirono - con le loro imprese che non conoscevano bene la morfologia del territorio - un Palazzo di Giustizia che dovettero concludere con un piano in meno rispetto al progetto perché stava sprofondando nel Tevere; pianificarono la demolizione della Spina di Borgo, portata avanti solo più tardi - a partire dal 1936 - per tracciare via della Conciliazione, inaugurata per il Giubileo del 1950. Oggi nel centro di Roma abitano 127 mila abitanti, l’intera città ne conta circa 3 milioni.
Quella che chiamiamo ancora periferia è la vera Roma: Eur, Garbatella, Testaccio sono parti integranti e importanti del centro storico. La Roma Imperiale, quella medievale, quella Barocca, il ‘900…: quartiere dopo quartiere a Roma, come forse solo a Napoli, si vede questo straordinario stratificarsi di epoche e stili. Accanto ai rari esempi di architettura romanica ancora esistenti a Roma - Santa Maria in Cosmedin, San Clemente e Santa Maria in Trastevere per ricordare i più noti – il Rinascimento ha lasciato la sua impronta potente, tramandandoci la sua vocazione archeologica e il forte legame con la Urbe antica. Palazzo Farnese, voluto da Alessandro Farnese - futuro Papa Paolo III - per celebrare la sua famiglia, è l’esempio di una costruzione Rinascimentale che ospitava al suo interno una superba collezione di arte antica. Ma il ‘500 romano trova per me il suo apice con via Giulia, la strada dei fiorentini: la Basilica di San Giovanni, progettata da Bramante e completata da Sangallo e Galilei, ma anche le tante case dei grandi artisti che vissero qui, Raffaello e lo stesso Sangallo per citarne alcuni.
Sull’Aventino invece il Medioevo si intreccia al ‘700 e all’intervento Giovan Battista Piranesi: da una parte Santa Sabina, una delle chiese Paleocristiane meglio conservate in assoluto, dall’altra la piazza dei Cavalieri di Malta e gli edifici adiacenti - tra cui spicca la chiesa di Santa Maria del Priorato - progettati dall’architetto veneziano che diventò celebre a Roma sotto il papato di Clemente III. L’800 romano si riassume nel mio immaginario nella facciata di San Pantaleo e soprattutto nella trasformazione di piazza del Popolo, entrambe a opera di Valadier, a cui dobbiamo tanti altri edifici in città.
La Roma del ‘900 è la Roma mussoliniana: lui, che era molto provinciale voleva creare una città imperiale, che ricalcasse i fasti dell’Urbe antica. Via dei Fori Imperiali nasce nel 1932 da un grande progetto urbanistico, che però distrugge completamente la continuità dei Fori. Marcello Piacentini, massimo ideologo del regime in materia di architettura, aveva comunque una visione: l’asse della Cristoforo Colombo - sulla quale è intessuto completamente l’Eur - è un’asse che ho rispettato quando ho costruito la mia Nuvola, ha ancora oggi un suo senso.
E poi c’è il sistema delle poste: quelle via Marmorata sono un altro mirabile esempio di architettura di regime. Il mio cuore però rimane legato al centro storico: sono nato come dicevo al Gianicolo e il mio primo studio - a 18 anni ero un giovane pittore che iniziava a vendere i suoi quadri - era l’ultimo piano di un bellissimo edificio del’500 al numero 13 di via del Portico d’Ottavia…