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Caravaggio

text Francesca Lombardi

16 Dicembre 2021

La Giuditta di Caravaggio e Artemisia

Una mostra a Palazzo Barberini racconta le raffigurazioni dell’eroina biblica nei secoli, partendo dai due dipinti più celebri

Se i titoli sono programmatici, questo della mostra a Le Gallerie Nazionali di Arte Antica (fino al 27 marzo) promette contenuti ad alto grado di intensità: Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta. Violenza e seduzione nella pittura tra Cinquecento e Seicento. 

L’esposizione, ospitata nello spazio mostre di Palazzo Barberini, accende i riflettori su una delle più celebri tele di Caravaggio a settant’anni dalla sua riscoperta e a cinquanta dall’acquisizione pubblica. La Giuditta venne infatti riscoperta nel 1951 da Pico Cellini, uno dei massimi restauratori del Novecento, dopo aver visitato la prima grande mostra dedicata a Caravaggio e ai pittori caravaggeschi, allestita a Palazzo Reale a Milano e curata da Roberto Longhi. 

Palazzo Barberini, Mostra di Giuditta, Sala 2, ph Alberto Novelli

Il restauratore ricordò che da ragazzo aveva visto in un palazzo romano una tela raffigurante Giuditta e Oloferne attribuita ad Orazio Gentileschi, e la ricollega, alla luce delle opere in mostra, allo stile di Caravaggio.  

Cellini riuscì a ritrovare il dipinto presso il proprietario Vincenzo Coppi, a fotografarlo e a mostrarlo a Longhi, che - avvalorando la scoperta - all’istante chiese e ottenne la proroga della mostra per poterlo includere. 

La tela, che si scoprì essere stata eseguita nel 1599 da Caravaggio per il banchiere ligure Ottavio Costa, scomparso nel 1639, non fu mai alienata, rimanendo a Roma fino a metà Ottocento, quando passò di proprietà agli avi del Coppi, per poi entrare far parte, nel 1971, del patrimonio delle Gallerie Nazionali di Arte Antica.  

Nonostante la reticenza di Costa nel mostrarla, l’opera non perse la sua forza innovativa e la mostra a Palazzo Barberini racconta il terreno artistico nella quale nasce e che poi influenzò profondamente. In mostra 31 opere - quasi tutte di grande formato - provenienti da importanti istituzioni nazionali ed internazionali. 

Louis Finson

Il percorso espositivo si snoda in quattro sezioni e si apre con Giuditta al bivio tra Maniera e Natura, una selezione di opere cinquecentesche che mostrano le prime avvisaglie di una nuova rappresentazione del tema, caratterizzata dalla violenza del momento scelto a rappresentare la storia dell’eroina biblica, come nei dipinti di Pierfrancesco Foschi, Lavinia Fontana, di Tintoretto e di un seguace di Bartholomeus Spranger. 

La tela Giuditta che decapita Oloferne del Merisi, fulcro della seconda sezione dedicata a Caravaggio e i suoi primi interpreti, inscena un vero e proprio omicidio mediante decapitazione, costituendo un momento di grande rottura con la tradizione. La veemenza del delitto, che stride con l’assorta e sensuale bellezza di Giuditta, sarà motivo di ispirazione e reinterpretazione dell’episodio biblico. Trophime Bigot, Valentin de Boulogne, Louis Finson, Bartolomeo Mendozzi, Giuseppe Vermiglio e Filippo Vitale si ispirano al dipinto di Caravaggio nel formato orizzontale, con le figure di tre quarti al naturale, nella violenza dei gesti e nella rappresentazione dello strazio di Oloferne. 

Ci vuole però una donna per calarsi completamente nei panni dell’eroina biblica: la massima interprete del soggetto è stata infatti Artemisia Gentileschi, cui è intitolata la terza sezione Artemisia Gentileschi e il teatro di Giuditta

Artemisia, insieme al padre Orazio, si cimentò più volte con il tema. 

Giuseppe Vermiglio

In mostra, oltre ai capolavori dei due Gentileschi, troviamo le opere di Giovanni Baglione, Johan Liss, Bartolomeo Manfredi, Pietro Novelli, Mattia Preti, Giuseppe Vermiglio e del raro Biagio Manzoni, una delle novità della mostra. La quarta e ultima sezione, 

Le virtù di Giuditta. Giuditta e Davide, Giuditta e Salomé è dedicata al confronto tra il tema di Giuditta e Oloferne a quello di Davide e Golia e di Salomé, eroina viene spesso confusa nella raffigurazione pittorica con Giuditta. In mostra le opere di Valentin de Boulogne, della bottega di Giovanni Bilivert e di Francesco Rustici.

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