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Sir Antonio Pappano, direttore di Santa Cecilia

text Teresa Favi
photo Musacchio&Ianniello

27 Marzo 2019

Sir Antonio Pappano, il direttore di Santa Cecilia racconta il suo rapporto con la capitale

Alla testa dell’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia dal 2005, il nostro incontro

Alla testa dell’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia dal 2005, si divide tra Roma e Londra dove dirige anche la Royal Opera House. Antonio Pappano, sir per meriti artistici, deriva il suo nome dai genitori originari di un paese in provincia di Benevento, ma è nato in Epping non distante da Londra ed è cresciuto a New York. E’ stato a lungo assistente di Daniel Baremboim per poi diventare uno dei massimi direttori d’orchestra della nostra epoca, e tra i più amati non solo dal pubblico ma dai musicisti stessi.

Antonio Pappano, sessant'anni a dicembre, direttore musicale dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma e della Royal Opera di Londra

Maestro, cosa significa per lei dirigere?

Significa stare sempre in un mondo di colore ed energia pazzesca. E’ un privilegio, c’è poco da fare, è una posizione molto invidiabile. Però, dare una direzione a tutta questa energia è una grande responsabilità. 

L’ingrediente fondamentale?

La fiducia. Senza, dirigere un’orchestra potrebbe trasformarsi nella cosa più inquietante al mondo.

Qual è la qualità speciale che distingue l’orchestra di Santa Cecilia dalle altre?

È coloristica, calda, sensuale, teatrale. 

Come si è evoluto il suono da quando la dirige?

Il suono c’era anche quando sono arrivato io. Poi insieme abbiamo lavorato per trovare un equilibrio gerarchico tra le parti, momento per momento, brano dopo bramo. Una speciale di lezione di vita perché contempla l’ascolto di ciò che dice l’altro. 

Che rapporto ha con i maestri dell’orchestra?

Avendo io radici italiane c’è un legame non detto, chimico in un certo senso. Cerco di sfidarli continuamente non solo per allenarli ma anche per farli crescere nella comprensione della musica. E’ un rapporto basato sul rispetto, ma anche sul “dai ragazzi ce la possiamo fare!”. 

L'Accademia Nazionale di Santa Cecilia è una delle più antiche istituzioni musicali del mondo (1585)

Si dice che lei sia uno tra i direttori più amati dalle orchestre, perché secondo lei?

Ho un approccio basato sul lavoro, sulla professionalità, e sulla fiducia. Io so che loro ce la mettono tutta e loro sanno che io ce la metto tutta. Questo è molto bello e mi sento veramente fortunato.

È alla testa di Santa Cecilia dal 2005, come ha vissuto questo ritorno alle origini?

Prima di assumere questo incarico, conoscevo poco l’Italia e avevo frequentato pochissimo l’ambiente italiano della musica. Quindi tutto è stato una scoperta. Ma, oltre alla bellezza e al fascino di quello è italiano, la ricchezza più grande è stato l’incontro con persone squisite che mi sono diventate carissime, amici stretti. Io e mia moglie facciamo una vita peripatetica, sempre in giro per il mondo, dunque sapere di avere persone che possiamo chiamare ‘amici’ è una cosa bellissima e molto importante per noi.

In quale zona di Roma risiedete?

Dopo alcuni anni in via del Corso, da un po’ di tempo abitiamo vicino all’Auditorium, nel quartiere Parioli, sette minuti a piedi da podio! 

La sua passeggiata preferita nel centro?

Amo tutta la zona dietro il Pantheon, intorno all’Hotel Minerva. Prendere una cioccolata calda al caffè Sant’Eustachio mi rilassa in modo particolare. Sono attratto dalla combinazione di moderno e antichissimo dell’Ara Pacis, e incoraggio l’aver fatto una cosa del genere. Per dirla tutta anche l’Auditorium è bellissimo, quello che ha creato lì Renzo Piano è straordinario. E ho una vera passione per la Galleria Borghese. Anna Coliva (direttrice della Galleria Borghese, ndr.) fa un grande lavoro lì dentro. Lei mi fa entrare qualche volta il lunedì, quando è chiuso, così posso stare da solo in mezzo a tanta bellezza.

Se le chiedessero di descrivere Roma attraverso la musica, cosa farebbe suonare alla sua orchestra?

Questo è molto facile perché abbiamo Ottorino Respighi che con le sue Fontane, I pini di Roma e Feste romane è riuscito a cogliere molto bene l’atmosfera di questa città magica. Dirigere questa musica con la mia orchestra, cosa che abbiamo già fatto, è stata un’esperienza meravigliosa. 

Il suo prossimo concerto sarà la Sinfonia 8 di Brukner, può spiegarci lo spirito?

È la mia preferita, non so perché. Forse perché sono cattolico, è una musica cattolica, non perché ci sono le parole, ma perché è una specie di rito religioso e sensuale allo stesso tempo. E’ una cattedrale in musica.




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