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Anna Fendi
21 Dicembre 2023

Anna Fendi, una vita dedicata alla moda e l’incontro con Karl Lagerfeld

La nostra intervista alla nota stilista e imprenditrice

Entrare a Villa Laetitia significa entrare nel mondo di Anna Fendi che, nel ristrutturare questa residenza di famiglia unica nel suo genere, progettata da Armando Brasini nel 1911, affacciata sul Lungotevere, ha messo tutto il suo inconfondibile stile. È qui che, una delle figure più iconiche nel mondo della moda - che ha contribuito insieme alle sue quattro sorelle a rendere eterno il nome Fendi - continua a rivivere nella sua innata creatività.

Il suo primo ricordo legato alla moda?

La perseveranza di mia madre. Era una donna instancabile che ha fatto del lavoro una missione. È sicuramente il personaggio chiave della nostra famiglia. Aveva stabilito nella sua mente che noi cinque figlie avremmo dovuto continuare il suo lavoro e ci ha educato e fatte crescere impegnandosi a darci le basi perché ciò avvenisse. Iniziò anche lei a lavorare giovanissima perché suo padre morì durante l’epidemia di spagnola. Così, da donna intraprendente come era, sapendo ricamare, cominciò a realizzare corredi per bambini e a venderli in una elegantissima boutique di Piazza di Spagna ‘Bellini’. La zia, proprietaria di alcune boutique a Firenze tra cui Ciocca in via de’ Tornabuoni, la prese con sé insegnandole come diventare imprenditrice occupandosi in prima persona della scelta degli accessori in pelletteria avvalendosi dei più bravi artigiani. Tornata a Roma aprì la sua attività, una piccola boutique in Via del Plebiscito.

Anna Fendi

Com’è stata la sua infanzia?

Ho avuto la fortuna di nascere nel bello perché mia madre aveva già deciso quello che avremmo dovuto fare e quindi ha avviato le nostre vite ma con l’impegno di farci vivere al meglio. Avevamo una casa molto bella vicino a piazza delle Muse e frequentavamo la scuola dell’Adorazione, un istituto di suore che provenivano da tutto il mondo. Mio padre, dolcissimo, era l’intellettuale della famiglia. Ho imparato tanto da lui. La domenica ci portava a vedere i musei o in campagna ad ammirare la natura. Sempre mia madre, visto che ero una ragazzina molto minuta, mi aveva iscritto all’accademia di danza di Jia Ruskaja. Ricordo che da bambina indossavo sempre le scarpette con le punte: uscivo da scuola e non mangiavo per correre a danzare.

Giovanissima entra nel mondo della moda, cosa ricorda di quel periodo?

Avevo 17 anni quando mia madre mi fece entrare nell’azienda di famiglia. La grande boutique in piazza Fiume era molto elegante con una clientela molto affezionata e al piano superiore c’era un piccolo atelier di pellicceria con il laboratorio con una bravissima premiere, un tagliatore e diversi lavoranti. Io e le mie sorelle ci siamo tuffate con entusiasmo in questo mondo impostandolo a modo nostro, cambiandolo, trasformando una moda troppo ancorata al passato. Le pellicce in quegli anni erano uno status ma erano molto pesanti. Noi le rivoluzionammo: niente fodere, nessuna sovrastruttura, dovevano essere leggere, reversibili e sfoderabili. Per la prima sfilata, ricordo che prendemmo ‘in prestito’ il salone più bello della città, quello del Grand Hotel (attuale The St. Regis, ndr), e presentammo alle nostre clienti la nostra prima collezione, un vero successo! Da lì a poco la clientela cominciò a venire da tutta Italia, dalla Sicilia alla Lombardia, incuriosita da queste cinque sorelle che oltre alle pellicce realizzavano anche degli accessori meravigliosi giocando sempre sulla morbidezza e sulla leggerezza.

Anna Fendi in atelier

La sede di via Borgognona fu un altro grande passo verso il successo…

Nel ’58 mia madre riuscì ad affittare il primo negozio in centro, un piccolo spazio in via Borgognona dove prima c’era il negozio di Polidori Uomo. Era un piccolo ma raffinatissimo punto vendita e mia madre mi mise a dirigerlo, affidandomi da lì a poco anche un’altra boutique in corso Trieste. Poi misero in vendita il cinema Bernini e io convinsi mia madre e le mie sorelle ad acquistarlo: era lo spazio ideale per il nostro headquarter. La trattativa con il venditore non fu assolutamente facile ma riuscii a chiuderla. Finalmente avevamo le nostre grandi vetrine in via Borgognona con la valigeria, la pelletteria e gli accessori in bella mostra, la galleria diventò il salone dell’atelier, al piano superiore trasferimmo la produzione ed il piano ancora sopra lo dedicammo alla pellicceria. Da lì a poco acquistammo una fabbrica in Toscana, e con l’aiuto di maestri artigiani mettevamo in produzione gli accessori da noi ideati. Mia sorella Carla ebbe anche la geniale idea di coinvolgere l’editore Franco Maria Ricci e l’ingresso fu decorato con i suoi bellissimi libri.

Cinque sorelle così diverse ma così coese in questa grande avventura…

Mia madre ci ha sempre detto che dovevamo essere unite come le cinque dita di una mano. Nessuna di noi è stata protagonista e tutte abbiamo lavorato insieme per un solo obiettivo: il successo del nostro lavoro. E poi eravamo così indaffarate, ognuna nel proprio ruolo, che non c’era molto tempo per discutere.

Karl Lagerfeld and Anna Fendi

Poi è arrivata l’alta moda. Com’è avvenuto l’incontro con Karl Lagerfeld?

Una circostanza fortunata. Nei primi anni ‘60 il nostro ingresso nella moda sembrò una cosa naturale ma capimmo anche che avevamo bisogno di un direttore creativo che ci aiutasse in quella nuova avventura. Karl lavorava a Roma con un sarto americano, e il nostro PR e amico Franco Savorelli, un uomo straordinario che ci ha seguito durante tutta la nostra ascesa, ce lo presentò. Capimmo al primo incontro che era un genio, anzi, avemmo il timore che avendo una visione così all’avanguardia non sarebbe stato compreso dal nostro pubblico. Decidemmo quindi di fare una prova e nel ’65 presentammo la prima collezione in Sala Bianca a Firenze durante il Pitti: fu un successo incredibile! Karl era molto esigente con noi. In quel periodo dirigevo l’ufficio stile che si trovava a Palazzo Ruspoli e ricordo che quando arrivava da Parigi ci chiedeva di realizzare le cose più impensabili ma noi lo stupivamo sempre sviluppando più prototipi sulle sue idee. Fu memorabile la sfilata in piazza di Spagna quando presentammo per la prima volta le pellicce reversibili in visone ossigenato, un colore biondo divino. Avevano le finiture in cuoio scamosciato dello stesso colore. Immaginate sei modelle che scendono la scalinata di Trinità dei Monti con tute di maglia tricot all’avanguardia e una bisaccia morbida a tracolla. Si fermano, aprono la sacca e tirano fuori queste pellicce bionde, lunghe fino agli stivaletti ma leggere come una piuma. Tutta la piazza scoppiò in un fragoroso applauso. Infine, raggiungemmo ‘internazionalità, con il prezioso aiuto del nostro PR Rudy Crespi, quando presentammo ai buyer, in un grande albergo di New York, le collezioni di prêt-à-porter e dell’alta moda.

Mi racconta la Roma di allora ma anche quella di oggi?

Sono due Rome differenti. Io ho vissuto gli anni d’oro del cinema e siamo state molto fortunate perché abbiamo lavorato con i registi più famosi. Abbiamo avuto l’abilità di crescere nel cinema e di lavorare con il cinema. Veniva da me Tirelli e mi diceva - “Anna dobbiamo fare Ludwig, il prossimo film di Visconti” - e che vuoi che noi dicessimo di no?! Ci mettevamo a disposizione.

E l’Anna di oggi?

È una giovane donna di 90 anni, piena di entusiasmo, con tante idee e tante cose ancora da fare, contornata da tantissimi affetti; tre figlie dotate tutte di una grande creatività, 12 nipoti ed ormai da lungo tempo di un compagno meraviglioso insieme al quale ci siamo dedicati ai vini italiani con una collezione firmata Anna Fendi.

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